Presentazione del sito

Questo blog è pensato come ausilio alla didattica e strumento di comunicazione con gli studenti di "Storia e tecnica della danza e del teatro", "Discipline dello spettacolo" (LM 49- 65), "Metodologia della rappresentazione teatrale" (L-15, vecchio ordinamento), "Laboratorio di danza", "Storia e tecnica della scenografia" (L-3, a.a. 2011-2012), (Metodologia e critica dello spettacolo, L-3, a.a. 2012-2013) Università di Messina. Si consiglia agli studenti di iscriversi, inserendo la propria mail, per ricevere in maniera diretta e immediata tutti gli avvisi della docente.

venerdì 9 dicembre 2011

Appelli

In fondo alla pagina del blog, trovate le date d'esame previste per la prima, la seconda e la terza sessione d'esame.

materiali integrativi agli appunti

Corso: Storia e tecnica della danza e del teatro (laurea triennale)
Inserisco di seguito alcune citazioni. Queste NON sostituiscono gli appunti presi a lezione individualmente dagli studenti frequentanti. Li integrano, consentendo agli studenti FREQUENTANTI di puntualizzare alcuni passaggi trattati a lezione.
Oltre a citazioni lette nelle lezioni scorse, inserisco di seguito anche altre citazioni che anticipano alcuni  temi che affronteremo nelle prossime lezioni.
Per la preparazione all'esame, si consiglia agli studenti frequentanti di stampare questi materiali e di affiancarli agli appunti e ai libri da studiare.
I non frequentanti possono non tenerne conto, in quanto da sole le citazioni non sono sufficienti (senza gli appunti presi a lezione) e sono comunque sostituite dalla bibliografia aggiuntiva prevista per non frequentanti (si veda la bibliografia d'esame riportata sul blog).


Lezioni sulla danza libera.

Ruth S. Denis, La danza come esperienza di vita (datazione incerta tra 1924 e 1925):

Fate largo alla danza! Vedrete se non vi ripagherà molte volte. Essa amplierà l’orizzonte, darà un senso a molte cose ora nascoste, nuova forza al sé, un nuovo valore all’esistenza./ Danzare come esperienza di vita non è qualcosa da prendere dall’esterno – qualcosa da imparare con fatica – o qualcosa da imitare. […] La nostra religione formale, le nostre città affollate, i nostri abiti, i nostri mezzi di trasporto, sono grandemente responsabili della massa di umanità inerte che fino a ieri era prigioniera di colletti e bustini. Ma stiamo cominciando a emergere, a liberarci, a chiedere uno spazio in cui pensare e danzare.

Loïe Fuller (1862-1928):
Che cosa è la danza? Movimento. Che cosa è il movimento? L’espressione di una sensazione. Che cosa è una sensazione? La reazione nel corpo umano prodotta da un’impressione o da un’idea percepita dalla mente… La mente funge da tramite e fa che le sensazioni siano riconquistate dal corpo… Per imprimere un’idea io mi sforzo, con i miei movimenti, di farla nascere nella mente dello spettatore, di svegliare la sua immaginazione, che possa essere pronta a ricevere l’immagine… (Loie Fuller, Fifteen Years of a Dancer’s Life, 1913)

Isadora Duncan, La danza del futuro (1928):

Se andiamo alla ricerca delle fonti della danza, se ci volgiamo alla natura, scopriamo che la danza del futuro è la danza del passato, la danza dell’eternità, e che è stata e sarà sempre la medesima.
Il moto delle onde, dei venti, della terra mantiene sempre la stessa armonia.
[…]
I movimenti dei selvaggi, che vivevano in libertà, costantemente a contatto con la natura, non erano sottoposti a restrizioni, erano naturali e belli. Solo i movimenti di un corpo nudo possono essere perfettamente naturali. L’Uomo, giunto al termine del processo di civilizzazione, deve tornare alla nudità, non alla nudità inconsapevole del selvaggio, ma alla nudità consapevole dell’uomo maturo il cui corpo sarà l’espressione armoniosa del suo essere spirituale.
[…]
Tutti i movimenti della moderna scuola del balletto sono movimenti sterili, perché innaturali: il loro scopo è quello di creare l’illusione che la legge della gravitazione non li riguardi.
I movimenti primari o fondamentali della nuova scuola della danza devono contenere in se stessi il seme dal quale si svilupperanno tutti gli altri movimenti, ciascuno a sua volta, per dar vita ad altri, in una sequenza di espressione di sempre più alti e più grandi pensieri e idee.
Per quelli che ciò nondimeno amano ancora quei movimenti per ragioni storiche o coreografiche o per qualunque altro tipo di ragioni, a quelli rispondo: “Non vedono al di là delle maglie e dei tutù”. Ma guardate – sotto le gonne e sotto le maglie stanno danzando muscoli deformati. Guardate ancora oltre – sotto i muscoli ci sono ossa deformate – Uno scheletro deformato vi sta danzando di fronte. Questa deformazione attraverso vestiti e movimenti sbagliati è il risultato della preparazione necessaria per il balletto.
[…]
Scoprire qui movimenti primari per il corpo da cui si svilupperanno i movimenti della danza del futuro in sequenze eternamente variabili naturali e infinite, questo è il compito della nuova danzatrice dei nostri tempi.
[…]
I Greci in tutta la loro pittura, scultura, architettura, letteratura, danza e tragedia hanno sviluppato le proprie linee dinamiche a partire da quelle della natura, e noi possiamo facilmente vederle espresse in tutte le raffigurazioni delle loro divinità che non essendo altro che il simbolo delle forze naturali, sono sempre rappresentate in una posa che esprime il combinarsi e lo svilupparsi di queste forze. Questo è il motivo per cui l’arte dei greci non esprime caratteristiche nazionali ma è stata e sarà l’arte di tutta l’umanità di tutti i tempi.
Perciò danzando nuda sulla superficie della terra è stato naturale che riprendessi le posizioni dei Greci, poiché le posizioni dei Greci sono semplicemente le posizioni di questa terra.
Ciò che c’è di più nobile nell’arte è il nudo. Questa verità è riconosciuta da ognuno e seguita da pittori, scultori e poeti; solo chi danza lo ha dimenticato, chi più di ogni altro avrebbe dovuto ricordarlo, poiché lo strumento della sua arte è proprio il corpo umano.
Il primo concetto di bellezza che l’uomo si è formato è derivato dalla forma e dalla simmetria del corpo umano. La nuova scuola della danza dovrebbe prendere le mosse da quel movimento che può armonizzare e che potrà sviluppare la forma più perfetta del corpo umano.
Ho intenzione di lavorare per questa danza del futuro.
[…]
Questa potrebbe sembrare una questione di poca importanza, un problema di opinioni diverse sul balletto e sulla nuova danza. Ma è una grossa questione, invece. Non è solo un problema di arte autentica, è un problema di razza, di evoluzione per le donne verso la bellezza e la salute, del ritorno alla forza originaria e al movimento naturale del corpo. È il problema dello sviluppo di madri dalla salute perfetta, perché i loro bimbi possono nascere sani e belli. L’indirizzo futuro della danza deve sviluppare e additare le proporzioni ideali della donna. Sarà, come già fu, il museo della bellezza vivente di un’epoca.
[…]
E qui voglio evitare un malinteso che può facilmente sorgere. Da ciò che ho detto potreste concludere che la mia intenzione sia di tornare alle danze degli antichi Greci, o che io pensi che la danza del futuro sarà una ripresa delle danze antiche, o addirittura di quelle delle tribù primitive. No, la danza futura sarà un nuovo movimento, una conseguenza dell’intera evoluzione attraverso la quale sarà passata l’umanità. Tornare alle danze dei Greci sarebbe tanto impossibile quanto inutile. Noi non siamo Greci e perciò non possiamo danzare come i Greci.
La danza del futuro, piuttosto, dovrà tornare ad essere un’arte profondamente religiosa, come fu presso i Greci. Poiché l’arte che non è religiosa non è arte ma pura merce di scambio.
La danzatrice del futuro sarà colei il cui corpo e la cui anima si sono sviluppati in accordo così armonioso che il naturale linguaggio di quell’anima sarà diventato il movimento del corpo. La danzatrice non apparterrà a una nazione ma a tutta l’umanità. Non danzerà in forma di ninfa né di fata né di moquette, ma in forma di donna nella sua espressione più alta e più pura. […] Ella danzerà la libertà della donna.
[…] Ella aiuterà le donne a conquistare una nuova consapevolezza della forza e della bellezza possibili per il loro corpo e del rapporto del loro corpo con la natura della terra e con i figli futuri. Ella danzerà il corpo che risorgerà da secoli di oblio civilizzato, che risorgerà non nella nudità dell’uomo primitivo ma in una nuova nudità, non più in guerra con la spiritualità e l’intelligenza ma congiunto ad essa in gloriosa armonia.
[…]
Oh, ella sta per giungere, la danzatrice del futuro: lo spirito libero che abiterà il corpo della donna nuova; più gloriosa di qualunque altra donna che sia esistita, più bella della donna egizia, e di quella greca, dell’antica italiana, di tutte le donne dei secoli trascorsi: l’intelligenza più alta nel corpo più libero.

Rudolph Laban su Isadora Duncan, Modern Educational Dance (1948):

Nel liberare il corpo del danzatore da un abbigliamento eccessivo che ostacolava il fluire del movimento, ella contribuì notevolmente al desiderio dell’uomo moderno di superare quel senso di autocensura riscontrabile nell’abitudine di nascondere il proprio corpo. La principale conquista della Duncan fu, tuttavia, quella di risvegliare una forma di danza espressiva che potremmo definire lirica, in contrasto con le forme prevalentemente drammatiche del balletto. Non c’era alcuna storia dietro le sue danze, che erano, come ella stessa le definiva, l’espressione della vita della sua “anima”.
La Duncan risvegliò il senso della poesia del movimento nell’uomo moderno. In un tempo in cui la scienza, e specialmente la psicologia, tentava di abolire radicalmente ogni nozione di “anima”, questa danzatrice ebbe il coraggio di dimostrare con successo che nel flusso del movimento umano esiste un qualche principio ordinatore che non può essere spiegato con le usuali modalità razionalistiche. Come educatrice, ciò che interessava in modo particolare la Duncan era l’influenza che una pratica continuativa di simili movimenti può avere sull’atteggiamento interiore ed esteriore dell’uomo verso la vita.
Il movimento, fino a quei tempi considerato – almeno nella nostra civiltà- al servizio dell’uomo e utilizzato per raggiungere uno scopo pratico esterno, rinacque come forza indipendente, creatrice di stati mentali spesso più forti della volontà stessa dell’uomo.
Si trattava di una scoperta abbastanza sconcertante in un momento in cui i risultati ottenuti attraverso la forza di volontà sembravano essere l’obiettivo preminente degli sforzi umani.


Lezioni sulla modern dance.

Martha Graham (1937):

Attraverso il tempo la danza non è cambiata in una sua funzione essenziale. La funzione della danza è la comunicazione. La responsabilità che la danza assolva a questa sua funzione ricade su di noi che danziamo oggi.
Per comprendere la danza per ciò che essa è, dobbiamo conoscere da dove proviene e dove è diretta. Vinee dalle profondità della natura dell’uomo, dall’inconscio dove abita la memoria. Come tale essa vive nel danzatore. Ed è diretta verso l’esperienza dell’uomo, dello spettatore, per risvegliare in lui analogie e ricordi.
L’arte è evocazione dell’intima natura dell’uomo. […] Stiamo attraversando un periodo di transizione dal pensiero del diciottesimo a quello del ventesimo secolo. Una nuova vitalità ci possiede. Certe profondità dell’intelletto stanno cominciando ad essere esplorate. La grande arte non ignora mai i valori umani. Lì affondano le sue radici. Questa è la ragione per cui le forme cambiano.
Nessuna forma d’arte può vivere e passare intatta attraverso un’epoca così vitale come quella che ora stiamo vivendo. L’uomo sta scoprendo se stesso come un mondo.
Tutte le azioni scaturiscono dalla necessità. Questa necessità è stata chiamata con vari nomi: ispirazione, motivazione, visione, genio. C’è una differenza di ispirazione nella danza, oggi.
[…]
L’allontanamento della danza dai suoi canoni classici e romantici non era un fine in se stesso, ma il mezzo per raggiungere un fine. […] Le vecchie forme non potevano dar voce all’uomo risvegliatosi. Dovevano subire una metamorfosi, in alcuni casi una distruzione, per servire come mezzo di espressione di un’epoca diversamente organizzata.
La danza moderna così come la conosciamo oggi è nata dopo la prima guerra mondiale. Questo periodo che seguiva la guerra esigeva forme vitali tali da abitare in un uomo nato a nuova vita. Per la nuova vitalità della coscienza sopraggiunse una alterazione del movimento… che è il mezzo della danza […].

Martha Graham, Piattaforma per la danza americana (da un programma di sala non datato, probabilmente degli anni ’30):
Una danza rivela lo spirito del paese in cui si radica. Deve innanzitutto riuscire in questo, per non perdere integrità e significato. […] La tecnica è un ingrediente necessario alla formazione del danzatore. Il danzatore americano potrebbe, ma non ha bisogno di recarsi all’estero per acquisire una tecnica di danza. Non deve andare ad apprendere una maniera e una forma aliena.
La danza moderna americana è iniziata qui. Qui deve restare e fiorire. […] Una danza americana non è una serie di passi. È infinitamente di più. È un ritmo caratteristico, una differente velocità, un accento netto e staccato. Il suo compito è di arricchire, illuminare e intensificare la scena americana. Quanto più avremo qualcosa di significativo da danzare, tanto più troveremo persone per cui danzare.
[…]
Di fronte al pubblico d’America, la danza americana ha un dovere. Non deve compiacerlo presentando una forma di danza decorativa e imitativa come prodotto di questo paese. La danza non è una facile soluzione per il divertimento leggero. Non è una forma d’arte effeminata.
Guardiamo alla danza per affermazione, per rendere lo spettatore più immediatamente cosciente del vigore, dell’umanità e della varietà della vita. Questa è la funzione della danza americana.

Martha Graham, A Modern Dancer’s Primer for Action:
L’allenamento e la tecnica sono strumenti per ottenere forza, libertà e spontaneità.

Dalla modern alla postmodern dance americana. Come utile rimando, si consideri il cambiamento in atto nel secondo dopoguerra in ambito letterario. Di seguito, le parole di Robbe-Grillet.

Ailan Robbe-Grillet, Una via per il romanzo futuro, a cura e con un saggio introduttivo di Renato Barilli, Milano, Rusconi e Paolazzi, 1961, pp. 38-41:

Ognuno può scorgere la natura del cambiamento che si è operato. Nel romanzo iniziale, gli oggetti e i gesti che formavano il tessuto dell’intreccio sparivano completamente, per lasciar posto al loro solo significato: la sedia non occupata non era più che un’assenza o un’attesa, la mano che si posa sulla spalla non era più che un attestato di simpatia, le sbarre della finestra non erano che l’impossibilità di uscire… Ed ecco che ora si vede la sedia, il movimento della mano, la forma delle sbarre. Il loro significato resta palese, ma, in luogo di accaparrare la nostra attenzione, è come dato in più; è di troppo, poiché ciò che ci colpisce, ciò che persiste nella nostra memoria, ciò che appare come essenziale e irriducibile a delle vaghe nozioni mentali, sono i gesti in se stessi, gli oggetti, gli spostamenti e i contorni, ai quali l’immagine ha restituito d’un sol colpo (senza volerlo) la loro realtà.
Può sembrar strano che questi frammenti di realtà bruta, che il racconto cinematografico non può impedirsi di consegnarci a sua insaputa, ci colpiscano a questo punto, laddove delle scene identiche, nella vita corrente, non sarebbero sufficienti a farci uscire dal nostro accecamento. Tutto si svolge in effetti come se le convenzioni della fotografia (le due dimensioni, il bianco e nero, l’inquadratura, le differenze di scala tra i piani) contribuissero a liberarci dalle nostre convenzioni. L’aspetto un po’ inusuale di quel mondo «riprodotto» ci rivela, nello stesso tempo, il carattere inusuale del mondo che ci circonda, inusuale anch’esso nella misura in cui si rifiuta di piegarsi alle nostre abitudini di apprensione e al nostro ordine.
In luogo di questo universo dei «significati» (psicologici, sociali, funzionali) occorrerebbe dunque tentare di costruire un mondo più solido, più immediato. Conviene che oggetti e gesti si impongano in primo luogo per la loro presenza, e che questa presenza continui in seguito a dominare, al di sopra di ogni teoria esplicativo che tenti di rinchiuderli in un qualche sistema di riferimento, sentimentale, sociologico, freudiano, metafisico, o altro.
In questo universo romanzesco futuro, gesti e oggetti saranno «là» prima di essere «qualcosa»; e saranno là anche dopo, duri, inalterabili, presenti per sempre e irridenti al loro proprio senso, che cerca invano di ridurli al ruolo di utensili precari, tra un passato informe e un avvenire indeterminato.
Così gli oggetti poco a poco perderanno la loro inconsistenza e i loro segreti, rinunceranno ai loro falsi misteri, a quella interiorità sospetta che Roland Barthes ha chiamato il «cuore romantico delle cose». Queste non saranno più il vago riflesso dell’anima vaga dell’eroe, l’immagine dei suoi tormenti, il sostegno dei suoi desideri.
[…]
Tutto ciò sembrerebbe forse molto teorico, molto illusorio, se per l’appunto qualcosa non fosse in procinto di cambiare – e anche in modo totale, senza dubbio definitivo, nei rapporti che noi intratteniamo con l’universo. Così intravediamo la risposta a questa domanda piena d’ironia: «Perché ora?». C’è oggi, in effetti, un elemento nuovo che ci separa questa volta radicalmente da Balzac, come da Gide o da Madame de La Fayette: è la destituzione dei vecchi miti della «profondità». Si sa che tutta la letteratura romanzesca si basava su di essi, solo su di essi. Il compito dello scrittore consisteva tradizionalmente nello scavare entro la Natura, nell’approfondirla, per raggiungere degli strati sempre più intimi e portare alla luce qualche briciola di un segreto preoccupante.

Yvonne Rainer, manifesto del 1965:

NO alla spettacolarità, al virtuosismo, alle trasformazioni, al magico e alla finzione, no al glamour e alla trascendenza dell'immagine della star, no all'eroico e all'anti-eroico, no alle immagini dozzinali, no al coinvolgimento del performer o dello spettatore, no allo stile, no al camp[1], no alla seduzione dello spettatore grazie alle astuzie del performer, no all'eccentricità, no al commuovere o al commuoversi.



[1] Per camp si intende una sensibilità votata all’artificiosità, al glamour, che sovverte il serio e lo tramuta in frivolo. Attribuita principalmente agli omosessuali, essa possiede una valenza politica, sminuita in passato e rivalutata dagli studi sul gender. (n.d.t.)

martedì 6 dicembre 2011

Sede delle lezioni

Per motivi logistici, tutte le lezioni della laurea triennale di "Storia e tecnica della danza e del teatro" e di "Metodologia della rappresentazione teatrale" sono spostate alla sede centrale. Domani, mercoledì 7 dicembre, la lezione sarà tenuta nell'Aula Magna. Successivamente, verrà indicata un'altra aula, ma SEMPRE ALLA SEDE CENTRALE.
Per quanto concerne le lezioni di "Discipline dello spettacolo" della laurea magistrale, lunedì 12 dicembre e lun. 9 gennaio, le lezioni saranno senz'altro alla sede centrale. Vi sarà comunicato a lezione e tramite il blog se anche le altre lezioni subiranno degli spostamenti, in base alla disponibilità delle aule. Fino ad altra comunicazione da parte mia, unicamente per gli studenti della magistrale, le lezioni del martedì e del mercoledì restano a Villa Pace.
SIETE PREGATI DI DIFFONDERE LA VOCE TRA I VOSTRI COLLEGHI, in modo da evitare spiacevoli inconvenienti a chi dovesse recarsi nella sede sbagliata.